Roma, 16 giugno 2017 – I militari italiani hanno fatto uso di armamenti all’uranio impoverito nelle esercitazioni, basi e poligoni italiani? Stando a quanto hanno assicurato per 20anni i massimi vertici militari e governativi italiani, il munizionamento contenente uranio impoverito era vietato e comunque non sarebbe mai stato utilizzato, ma recenti rivelazioni di stampa, per la prima volta in assoluto, dimostrano il contrario. L’interrogazione del M5S a prima firma Roberto Cotti
“Due le cose: o il Governo e i vertici militari ci hanno mentito per decenni, oppure la documentazione saltata di recente agli onori delle cronache è falsa, tertium non datur”. Così il senatore del M5S Roberto Cotti interviene sulle dichiarazioni rese alla stampa dall’ex maresciallo della Guardia di Finanza Giuseppe Carofiglio, che attestano la presenza di munizionamento classificato “Isotopo U 238″ (riconducibile, per l’appunto, all’uranio impoverito) nel deposito della Marina militare di Montagna Spaccata (Napoli).
Secondo quanto documentato con ampio materiale probatorio, il pericoloso munizionamento sarebbe stato custodito nell’armeria della caserma Zanzur di Napoli, senza peraltro risultare ufficialmente in carico nei registri militari, salvo essere assegnato in dotazione a due pattugliatori del gruppo navale di Napoli della Guardia di Finanza che lo utilizzarono in una esercitazione militare. Inoltre, una relazione dell’Agenzia nazionale per l’ambiente dell’epoca, conservata in copia dall’ex maresciallo, attesterebbe i livelli di radioattività. All’epoca dei fatti (1994), il suddetto materiale sarebbe stato prodotto dall’azienda italiana Breda Meccanica Bresciana di Peschiera del Garda, poi acquisita dall’ex Finmeccanica, oggi Leonardo, di cui il Ministero dell’economia è principale azionista.
“Quanto sta emergendo, oltre ad essere di gravità assoluta, capita proprio in coincidenza con la notizia della tragica scomparsa, per gravi patologie tumorali, di un militare sardo dell’Aeronautica che a metà degli anni 90 aveva lavorato nel deposito 116 di Serrenti, ovvero una struttura militare che ospitava munizionamenti, da dove, secondo le testimonianze acquisite nel corso del processo sui veleni di Quirra, partivano le colonne di camion carichi degli stessi, per venire fatti nel poligono di Quirra, dove peraltro l’aviere sarebbe stato trasferito”.
“Per questo motivo – conclude il senatore del M5S” – ho presentato una nuova interrogazione parlamentare (https://goo.gl/GJNENK) per fare luce sulla vicenda e sapere, da un lato, come siano interpretabili le rassicurazioni fornite ad oggi dai massimi vertici della Difesa in sede di Commissioni inchiesta (che ho riportato nell’interrogazione) e sul rispetto del divieto di utilizzo di armamenti all’uranio impoverito; dall’altro, se il ministro della Difesa intenda o meno promuovere l’avvio di un’indagine ministeriale atta verificare l’assoluta salubrità e attuale idoneità di tutte le installazioni militari italiane, sarde in primis, oggetto di deposito di munizionamento e armamenti, da eventuali rischi radioattivi”.