Lo strano viaggio...

Rwm, lo strano viaggio. Dov’è finito il carico?

L’intervento della Difesa nasconde una commessa americana?

Venerdì 30 giugno, pomeriggio: alcuni Tir lasciano lo stabilimento della Rwm Italia S.p.A. di Domusnovas, in Sardegna. E’ l’azienda che produce le famigerate bombe serie MK che da due anni fanno strage di civili nello Yemen. E l’export di tali ordigni viene autorizzato dal nostro Governo. I Tir sono scortati dai Carabinieri e il viaggio sarà lungo e attraverserà tutta la Sardegna, coi rischi che si possono ben immaginare: 270 Km, fino al porto industriale di Olbia. Qui si imbarcheranno sul cargo “Giuseppe S.A.” della compagnia Moby S.p.A. Alle ore 22 circa la nave lascerà l’Isola con direzione Piombino, dove arriverà alle ore 7.04 del primo luglio.

Che fine ha fatto il carico?

Una prima ricostruzione, agevolata da alcune indiscrezioni, vuole che il carico abbia preso la direzione di Genova, su strada, per un imbarco finale sulla “Maersk Taurus” (https://goo.gl/fswjQU), nave container-ship costruita nel 2008 che naviga attualmente sotto bandiera di Singapore (lunghezza totale di 332 m e larghezza massima di 43 m, stazza lorda di 94.193 tonnellate). La nave è poi partita da Genova alle 18.33. Il suo arrivo, previsto in Egitto (nazione che fa parte della coalizione militare che sta bombardando lo Yemen, guidata dall’Arabia Saudita), a Port Said per il 3 luglio, si è invece concretizzato nella giornata successiva. Attualmente la nave è ferma in una banchina di Port Said (è stato ipotizzato che il materiale potesse proseguire, sempre su nave, attraverso lo stretto di Suez, per arrivare a Gedda, in Arabia Saudita, laddove già in passato i carichi Rwm sono approdati dopo essere partiti dal porto industriale di Cagliari).

E se invece fosse Livorno?

Tra Piombino e Livorno corrono 88 Km, poco più di un’ora di viaggio. Il carico potrebbe essere finito proprio qui. Ma perché Livorno? Facciamo una pausa e soffermiamoci su una cronaca del Manifesto del 14 aprile 2017 (a firma Manlio Dinucci). Titolo: “Da Camp Darby armi USA per la guerra in Siria e Yemen”. Per le parti di nostro interesse, ecco la cronaca: “Si chiama «Liberty Passion» (Passione per la Libertà). È una modernissima, enorme nave statunitense di tipo Ro/Ro. La nave, appartenente alla compagnia statunitense «Liberty Global Logistics», ha fatto il suo primo scalo il 24 marzo nel porto di Livorno. Prende così via ufficialmente un collegamento regolare tra Livorno e i porti di Aqaba in Giordania e Gedda in Arabia Saudita, effettuato mensilmente dalla «Liberty Passion» e dalle sue consorelle «Liberty Pride» (Orgoglio di Libertà) e «Liberty Promise» (Promessa di Libertà). L’apertura di tale servizio è stata celebrata come «una festa per il porto di Livorno». Nessuno dice, però, perché la compagnia statunitense abbia scelto proprio lo scalo toscano. Lo spiega un comunicato dell’Amministrazione marittima Usa (4 marzo 2017): la «Liberty Passion» e le altre due navi, che effettuano il collegamento Livorno-Aqaba-Gedda, fanno parte del «Programma di sicurezza marittima» che, attraverso una partnership tra pubblico e privato, «fornisce al Dipartimento della difesa una potente, mobile flotta di proprietà privata, con bandiera ed equipaggio statunitensi». Le tre navi hanno ciascuna «la capacità di trasportare centinaia di veicoli da combattimento e da appoggio, tra cui carrarmati, veicoli per il trasporto truppe, elicotteri ed equipaggiamenti per le unità militari». È dunque chiaro perché, per il collegamento con i due porti mediorientali, la compagnia statunitense abbia scelto il porto di Livorno. Esso è collegato a Camp Darby, la limitrofa base logistica dello U.S. Army, che rifornisce le forze terrestri e aeree Usa nell’area mediterranea, mediorientale, africana e oltre. E’ l’unico sito dell’esercito Usa in cui il materiale preposizionato (carrarmati, ecc.) è collocato insieme alle munizioni: nei suoi 125 bunker vi è l’intero equipaggiamento di due battaglioni corazzati e due di fanteria meccanizzata. Vi sono stoccate anche enormi quantità di bombe e missili per aerei, insieme ai «kit di montaggio» per costruire rapidamente aeroporti in zone di guerra. Questi e altri materiali bellici possono essere rapidamente inviati in zona di operazione attraverso il porto di Livorno Nel suo viaggio inaugurale – riportano documentate fonti (AsiaNews e altre) – la «Liberty Passion» ha trasportato 250 veicoli militari da Livorno al porto giordano di Aqaba dove, attraversato il Canale di Suez, è arrivata il 7 aprile. A questa e altre operazioni belliche, tra cui la guerra saudita che fa strage di civili nello Yemen, servono le armi Usa che partono da Livorno”.

Le ipotesi

Torniamo ora alle ipotesi investigative che stanno prendendo piede in queste ore. La prima domanda che ci siamo fatti è se per caso, in coincidenza con lo sbarco del carico Rwm a Piombino, nel porto di Livorno, fosse ormeggiata una delle navi della flotta Liberty Global Logistics LLC (società di trasporto e logistica multifunzione basata negli Stati Uniti), di cui ha riferito Dinucci nei mesi scorsi. Siamo quindi andati a verificare. BINGO!

La nave LIBERTY PASSION

E’ una nuovissima nave cargo-ship, naviga sotto bandiera USA. Lunghezza totale di 199 m, larghezza massima pari a 32 m e stazza lorda di 58.107 t. E il 29 giugno approda Livorno. Non è stato difficile riuscire a scoprire quando è partita: il primo di luglio, intorno alle 16.08. Destinazione? Il 12 luglio se ne prevede l’arrivo in Arabia Saudita. Dove? Sempre a Gedda. Lo dice la compagnia americana nel piano viaggi della sua flotta (vedi foto). Da lì, in poco più di 2 ore di strada, il carico potrebbe arrivare a destinazione: la base aerea della Royal Saudi Air Force di Taif. Da dove partono gli aerei che da oltre 2 anni bombardano lo Yemen.

Il quadro finale

Allo stato attuale sono due le ipotesi. La prima è riferibile alle indiscrezioni inizialmente raccolte e quindi al trasporto del carico Rwm a Genova, per un imbarco sulla Maersk Taurus. Destinazione Port Said e, via Suez, arrivo finale nel porto di Gedda. Un percorso già seguito dalla Rwm e documentato in passato. La seconda, quella appena documentata, nasce da uno strano “incidente” di percorso. E qui un passo indietro è necessario.

Dopo il trasbordo del carico Rwm da Olbia a Piombino alcune testate giornalistiche hanno ripreso le denunce e le critiche dei pacifisti e dei parlamentari (io tra questi). Le critiche si sono concentrate sull’azienda di Domusnovas e soprattutto sul Governo italiano, che continua ad autorizzare l’export degli armamenti Rwm in Arabia Saudita, un vero e proprio commercio di morte. Ora, mentre l’azienda e il Governo non hanno aperto bocca per replicare alle nuove accuse, ecco invece saltare improvvisamente fuori un comunicato della Moby S.p.A., la società che ha traghettato il carico da Olbia a Piombino. C’è un passaggio interessante nel comunicato, di assoluta novità, che vale la pena riportare. Dice la Moby: “Il trasporto è stato effettuato su precisa richiesta del Ministero della Difesa”. Oplà!

Le domande

Prima domanda: come mai su questo carico è intervenuta la Difesa? E poi, soprattutto, a quale titolo? Questo è un passaggio importante, dirimente. L’unico titolo che avrebbe potuto avere la Difesa è quello del diretto interesse verso la “merce”. E’ così? Erano armamenti commissionati dalla Difesa italiana per le proprie Forze armate? La nostra Difesa si è forse rifornita dalla Rwm? E perché, nel caso, con tutta quella fretta? Perché percorrere 300 chilometri e attraversare la Sardegna quando il carico poteva partire tranquillamente da Cagliari, senza correre alcun rischio? Sappiamo bene cosa produce la Rwm: bombe d’aereo e da penetrazione, missili, siluri, mine marine. Scarseggiano alla Difesa tali ordigni? Stiamo per entrare d’urgenza in guerra, a nostra insaputa? Improbabile.

Ad ogni modo, se così non dovesse essere, non si giustificherebbe l’intervento della Difesa. In attesa di una smentita su quanto riportato nel comunicato stampa della Moby S.p.A, qualche altra domanda bisogna pur farsela. Ora, se la Difesa non aveva interessi diretti sul carico Rwm, non è che altri, diciamo alleati, diciamo Forze armate USA, oppure d’Arabia, si sono rivolti alla Difesa affinchè intercedesse con l’armatore privato? E’ andata così? Se ciò fosse vero si spiegherebbero molte cose. Ad iniziare dall’ostinazione del nostro Governo a non voler revocare l’autorizzazione all’export di armamenti prodotti in Italia e diretti a paesi in conflitto, armi che come sappiamo vengono usate sulla testa dei civili yemeniti (oltre 10mila le vittime, la metà delle quali sono donne e bambini), come abbondantemente e più volte dimostrato sul posto dalla stampa internazionale e dalle organizzazioni non governative.

E sarebbe ancor più imbarazzante, magari, scoprire che questa commessa Rwm – su cui sarebbe impropriamente intervenuta la nostra Difesa – non è arrivata dall’Arabia Saudita, ma piuttosto dalle United States Armed Forces, le Forze armate degli Stati Uniti d’America. Le stesse che curano la formazione delle forze armate dell’Arabia Saudita. Dove? Semplice, a Taif .

Anche perchè, a fare un po’ di memoria, si ricorda l’intemerata della ministro della Difesa Roberta Pinotti. Su Repubblica Tv, il primo dicembre del 2015, quando scoppio il caso dell’export in Arabia Saudita della bombe Rwm, con autorizzazione del Governo italiano. Ebbe a dire: “In Italia esiste una legge, la 185 del 1990, che regola il tema del commercio delle armi e la cui applicazione è sotto responsabilità del ministero degli Esteri . Chi decide se si può vendere o meno? Ci sono indicazioni dell’Onu oppure della Unione europea. Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, ricordo che quelle bombe non sono italiane, ma di una ditta americana che utilizza un subcontratto con una azienda tedesca, che possiede due fabbriche in Italia” (https://youtu.be/J7HfBxwx0js). Forse la ministro non aveva inquadrato bene la questione e giocava con la semantica, però in fondo in fondo in quello che diceva c’è la vera spiegazione. Mi spiego. Che le bombe siano italiane, ovvero prodotte in Italia e da una società italiana non si discute. Basta verificare alla Camera di commercio di Brescia, dove la Rwm è regolarmente iscritta. E se non bastasse, ci sarebbero anche i bilanci dell’azienda. La Pinotti stava a spiegare – giocando sui termini – che la commessa delle stesse bombe è americana? E che sarebbero poi gli USA a venderle all’Arabia Saudita. Stanno così le cose?

Tutto questo merita una bella interrogazione parlamentare? Io dico si.

Aggiornamenti.

1. Facendo un po’ di memoria, si può ricordare l’intemerata della ministro della Difesa Roberta Pinotti su Repubblica Tv, il primo dicembre del 2015, quando scoppiò il caso dell’export in Arabia Saudita della bombe Rwm (con autorizzazione del Governo italiano). Ebbe a dire: “In Italia esiste una legge, la 185 del 1990, che regola il tema del commercio delle armi e la cui applicazione è sotto responsabilità del ministero degli Esteri . Chi decide se si può vendere o meno? Ci sono indicazioni dell’Onu oppure della Unione europea. Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, ricordo che quelle bombe non sono italiane, ma di una ditta americana che utilizza un subcontratto con una azienda tedesca, che possiede due fabbriche in Italia” (https://youtu.be/J7HfBxwx0js). Forse la ministro non aveva inquadrato bene la questione e giocava con la semantica, però in fondo in fondo in quello che diceva c’è la vera spiegazione. Mi spiego. Che le bombe siano italiane, ovvero prodotte in Italia e da una società italiana non si discute. Basta verificare alla Camera di commercio di Brescia, dove la Rwm è regolarmente iscritta. E se non bastasse, ci sarebbero anche i bilanci dell’azienda. La Pinotti stava a spiegare – giocando sui termini – che la commessa delle stesse bombe è americana? E che sarebbero poi gli USA a venderle all’Arabia Saudita. Stanno così le cose?

2. Aggiornamento delle ore 22 del 5 luglio 2017. La “Maersk Taurus,” dopo essere rimasta ferma per oltre un giorno in una banchina di Port Said, ha ripreso la navigazione. Finalmente siamo in grado di conoscere la sua destinazione finale: Gedda. La nave, partita da Genova il primo luglio e arrivata il 4 a Port Said, è ripartita oggi, intorno alle 14 per attraversale il canale di Suez (vedi foto). L’ipotesi che il carico Rwm possa trovarsi su questa nave resta quindi ancora in piedi (come l’altra possibilità, la nave Liberty Passion);

3. La “Maersk Taurus è arrivata a Gedda alle prime ore del 7 luglio e attualmente è ormeggiata in una banchina del porto, impegnata in operazioni di scarico (vedi foto);

4. La Liberty Passion, partita da Livorno il primo luglio, dopo avere toccato diversi porti del Mediterraneo è arrivata a Port Said, per poi imboccare il Canale di Suez nelle primissime ore del mattino del 7 luglio 2017 (vedi foto);

5) La Liberty Passion è arrivata a Gedda (vedi foto)

https://goo.gl/fbPp57

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