Capo Frasca, 23 novembre 2016 – “I cittadini sono stanchi di vedere le poche risorse del Paese impegnate in armamenti e cacciabombardieri, in missioni internazionali che di pacifico hanno quasi niente. Qual è la “guerra” da combattere per il bene degli italiani? Quella in Ucraina, in Libia, in Iraq, oppure quella per mettere in sicurezza le nostre strade, case, scuole, per curare il nostro ambiente e per assicurare uno lavoro o un reddito minimo garantito? Liberare la Sardegna dalle servitù militari vuole dire, anche, liberare risorse utili per uno sviluppo pacifico del Paese”.
Così il senatore del M5S Roberto Cotti, che oggi ha abbandonato il Senato per recarsi a Capo Frasca (nonostante il ritardo aereo), a testimoniare la propria protesta contro le esercitazioni e occupazioni militari dell’Isola (il senatore ha voluto incontrare il responsabile del poligono), ma soprattutto per denunciare, ancora una volta, l’utilizzo del territorio regionale per la sperimentazione di armi, come le famigerate bombe Mk 82/84 prodotte a Domusnovas dalla Rwm Italia e vendute non solo alla Difesa italiana (per le esercitazioni a Capo Frasca), ma anche all’Arabia Saudita, che le usa per i criminali bombardamenti in Yemen.
“A Capo Frasca – prosegue Cotti – ci sono 10mila metri cubi di terra contaminati. C’è di tutto: migliaia di tonnellate di bombe sganciate dai caccia e ancora seppellite, pneumatici, imballaggi di ogni tipo, contaminati, finanche amianto ed un pesante inquinamento da piombo e cadmio. E’ ora dire basta!”.
“Che fine hanno fatto – si chiede Cotti – gli impegni solenni del presidente Francesco Pigliaru davanti al Consiglio regionale, nel settembre del 2014?”. Così, all’epoca, il presidente della Regione: “Intendo convocare insieme a voi la seconda Conferenza regionale delle Servitù militari, in modo da aumentare la coscienza del nostro diritto e la conoscenza dei fatti, in modo da poterci confrontare con tutte le rappresentanze politiche, sociali ed economiche e predisporre una modalità concreta di muoverci col popolo, sostenuti dal popolo, nel confronto istituzionale in corso”. “Ebbene – conclude Cotti – il popolo sta ancora aspettando…”
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